L’acufene o “tinnitus” è un sintomo che può essere espressione di patologie di pertinenza essenzialmente oto-neurologica anche se sempre più spesso gli otorini richiedono una consulenza gnatologica.
Si distinguono due tipi di acufeni: l’acufene oggettivo e l’acufene soggettivo.
L’acufene oggettivo, raro, è determinato da un suono che si genera all’interno del corpo. Generalmente è causato da anomalie vascolari che determinano l’insorgenza di un flusso ematico turbolento che attraverso il tessuto osseo viene trasmesso alla coclea (organo dell’udito).
L’acufene soggettivo è invece più comune e rappresenta una percezione personale di un suono in assenza di un qualsiasi rumore reale e pertanto non può essere percepito all’esterno.
Varia molto nei singoli individui per frequenza e intensità ed è sensibile alle condizioni di stress, all’attività fisica, ma anche a certi farmaci o alimenti. Viene di solito facilmente mascherato dagli altri suoni e pertanto viene percepito soprattutto la notte quando c’è silenzio.
La patogenesi dell’acufene soggettivo è molto varia e comprende l’esposizione a rumori anche non particolarmente intensi per lunghi periodi, come anche l’esposizione brevissima a rumori molto forti. Frequentissimo è l’acufene in corso di Malattia di Ménière o di otosclerosi e molto spesso è il primo sintomo a manifestarsi nel neurinoma o nelle malformazioni artero-venose, patologie molto gravi che devono essere immediatamente riconosciute e curate.
Molti farmaci possono indurre acufene. I due più noti sono l’aspirina (acido acetilsalicilico) e alcuni antibiotici (aminoglicosidi).
Vertigini, acufeni e disordini cranio-mandibolari
Nel 1934 James B. Costen, otoiatra della Washington University School of Medicine, parlò per la prima volta di una “sindrome caratterizzata di sintomi auricolari e sinusali dipendenti dalla disturbata funzione dell’articolazione temporomandibolare”.
I sintomi che Costen aveva identificato erano nell’ordine: ipoacusia variabile nel tempo, lievi acufeni a bassa frequenza e raramente schiocchi alla masticazione, lieve instabilità o crisi vertiginose severe che si risolvevano dopo insufflazioni tubariche, cefalea severa e costante soprattutto occipitale e serotina, orofaringodinia urente.
Per giustificare i sintomi otologici, Costen pensava ad un’etiopatogenesi meccanica e più precisamente attribuiva all’insufficienza tubarica secondaria alla malocclusione la causa dell’ipoacusia, dell’acufene e della vertigine. Il vero responsabile era il capo superiore del muscolo pterigoideo esterno che in caso di marcato “overbite” si poteva rilassare favorendo lo schiacciamento della tuba. Inoltre, il tensore del velo, anch’esso allentato dalla anormale posizione della mandibola, avrebbe perso parte della sua efficienza nel determinare l’apertura della tuba stessa.
Allo stato attuale dell’arte si riconoscono tre teorie fondamentali:
-Teoria meccanica (una struttura connettivale pseudolegamentosa presente in epoca fetale e chiamata legamento sottile, potrebbe essere in grado di mobilizzare la catena degli ossicini e il timpano in seguito a movimenti dell’articolazione temporomandibolare);
-Teoria anatomica (irritazione del nervo auricolotemporale, ramo posteriore della branca mandibolare del Trigemino, ma solo nei casi di dislocazione meniscale anteromediale);
-Teoria miogena (ipertono dei muscoli masticatori).
Il dato di fatto è comunque che dopo quasi settanta anni di studi e di ricerche che hanno decretato l’anacronismo della sindrome di Costen, hanno ancora svelato molti meccanismi che legano i disordini dell’articolazione temporo-mandibolare (ATM) ai sintomi otologici.
Una cosa molto importante che deve assolutamente essere capita è che la patologia dell’ATM non è in grado di determinare un deficit labirintico, ma può peggiorare il controllo posturale, e se un paziente ha già un deficit labirintico, magari asintomatico a causa del compenso centrale, un disturbo dell’ATM può determinare anche disturbi dell’equilibrio.
In effetti, pare che solo una piccola percentuale di acufeni riconoscano come causa diretta un disturbo temporo-mandibolare ma nei vari studi non è stata tenuta ben in conto la stretta relazione esistente tra DTM e rachide cervicale, così come non è stata ben indagata la possibile origine cervicale degli acufeni.
Il sistema trigeminale
Il sistema Trigeminale si connette con la materia grigia del midollo cervicale superiore (C1-C2). Questa connessione, insieme con le corna dorsali dei 3 segmenti cervicali superiori viene definita nucleo trigeminocervicale, nucleo nocicettivo essenziale della porzione superiore del collo, della testa e della gola.
Le disfunzioni muscolo-articolari a partenza dal rachide cervicale superiore causano un’afferenza patologica verso il Nucleo Trigeminocervicale che interesserà i muscoli massetere, temporali e peterigoidei. L’ipertono muscolare può avere come conseguenza la compressione neuro vascolare già descritta da Costen.
Altra osservazione poco considerata è la possibile presenza di ponticulus posticus.
Si forma per ossificazione della membrana atlo-occipitale dell’arco posteriore di C1. La sua eziopatogenesi non è ben conosciuta. Le varie ipotesi:
- Congenita
- Post-traumatica
- Postura scorretta
- Protezione dell’arteria vertebrale
Un vizio posturale di Atlante può compromettere l’Arteria vertebrale. Quest’ultima ipotesi è la più accreditata ma paradossalmente, in seguito a vizi posturali di C1 può determinarne la compressione.
La sintomatologia comprende:
- Cefalee
- Sintomi cocleari (acufeni, ipoacusi)
- Sintomi vestibolari (vertigini soggettive)
- Sintomi oculari (deficit di convergenza, astenopie, obnubilazione intermittente)
- Crisi sincopali (drop attack)
- Disturbi faringei, disfagia, disfonia, confusione mentale, insonnia, perdita di memoria
Risulta dunque essenziale inquadrare il paziente gnatologico da un punto di vista clinico, strumentale e radiologico completo, anche in presenza di acufeni. In particolare, va eseguito uno studio radiologico completo statico e dinamico del rachide cervicale.
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